Il grande scrittore Jonathan Safran Foer continua la sua indagine sociale e politica sulla sostenibilità ambientale. Se continuiamo così, senza ascoltare ciò che ci dice la scienza, la terra avrà poche possibilità di sopravvivere.
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Ma a cosa è dovuta questa tendenza dell’essere umano a non volere credere alle tragedie imminenti? Se lo chiede Safran Foer paragonando questa tragedia a cui stiamo andando incontro a quella della Shoah e alla testimonianza inascoltata dell’ebreo polacco Jan Karsky che continuava a denunciare l’orrore dei campi di sterminio senza essere creduto. L’essere umano è così, preferisce non guardare o spostare lo sguardo oltre pur di non accettare l’inaccettabile. Lo stesso sta accadendo alla Terra e alla catastrofe annunciata su di essa. Il riscaldamento globale, l’inquinamento: ogni cosa ci parla di una fine che arriverà presto, la domanda da farsi allora è: a cosa dobbiamo rinunciare per salvare la terra? Ma soprattutto, quando c’è in gioco la nostra sopravvivenza come specie, qual è il confine tra rinuncia e sacrificio? Jonathan Safran Foer si pone queste e molte altre domande, rimanendo incredulo nel vedere che i Governi non fanno niente per risolverle. In “Possiamo salvare il mondo, prima di cena” però non vuole darsi per vinto e offre un ultimo disperato grido di allarme.